L’attesa durante il coronavirus
a cura della Dott.ssa Elisa Varotti | Psicologa Psicoterapeuta | 23 aprile 2020
Anche nelle condizioni più inospitali i bambini nascono. Come a dire che la vita vince sempre. Vince sul dolore, sulla fatica, sulle difficoltà, sulle paure, sulle incertezze, sull’inospitalità.
Ad un certo punto i piccoli arrivano. Non importa se il mondo fuori è pronto ad accoglierli, se le condizioni sono perfette per la loro nascita. I bambini nascono e basta e così accade anche in questi giorni.
Solo che, in queste settimane di emergenza, le mamme e i papà di questi nascituri sono spesso devastati e in preda alla paura, all’ansia e allo spavento che l’evento nascita porta con sé. Da sempre l’attesa di un figlio è un percorso e un processo che scatena nelle mamme e nei papà le più variegate sfumature emotive che ogni persona è in grado di provare, ma in questo caso, dei genitori di cui sto parlando queste emozioni sono del tutto particolari. E questo perché sono immersi in una doppia sfida elaborativa: quella relativa alla gravidanza, al percorso di genitorialità che stanno vivendo e quella legata al contesto in cui il loro divenire genitori accade; un contesto che non è più quello abituale e con il quale inevitabilmente devono fare i conti venendo meno le possibilità di realizzazione di pensieri e fantasie che su di esso si basavano. Il solo pensare ad esempio di uscire a passeggiare con la carrozzina potendosi fermare a prendere un caffè al bar oppure trovarsi a chiacchierare al parco vicino a casa con qualche altra mamma alle prese con le stesse difficoltà che ogni donna nel suo divenire madre incontra, o ancora ricevere visite a casa da persone gradite o poter contare sulla presenza dei propri genitori nei primi giorni di adattamento alla nuova vita sono pensieri e fantasie che in questo nuovo contesto in cui alloggiamo non possono trovare realtà.
Altro elemento importante è che durante questo periodo molti consultori familiari e strutture che organizzavano corsi pre parto o di accompagnamento alla genitorialità hanno sospeso le loro attività lasciando di fatto molti genitori soli ad affrontare, pianificare e gestire la loro attesa.
Ancora, causa coronavirus, molte aziende ospedaliere si sono riorganizzate accentrando i punti nascita in pochi presidi e obbligando così le coppie ad andare a partorire in luoghi che spesso non erano la loro prima scelta per tutta una serie di legittime ragioni che ogni coppia intimamente condivide nell’aspettare il loro bambino.
Ad arricchire il quadro è che in questa solitudine prenatale, molti ospedali hanno dettato nuove regole attorno all’evento nascita che prescrivono l’accesso ai papà o comunque all’altro genitore solo durante il parto o addirittura nessun accesso, lasciando esclusivamente il diritto alle partorienti di entrare ed essere assistite all’interno degli ospedali.
Padri (¹) quindi, poco presenti o addirittura esclusi dalla possibilità di partecipare alla nascita dei propri figli e compartecipare al dolore, alla fatica, alla gioia e chissà quali altre mille emozioni con le loro compagne. Come se non servissero, non fossero indispensabili e a sottolineare che il focus medico in questo caso di estrema straordinarietà è la diade madre bambino.
Questioni di emergenza, di prevenzione, di regole, di procedure, di prassi, di mancanza di dispositivi di sicurezza per tutti, di risorse, di personale….
Tutto vero, ma veri sono anche i sentimenti di questi neogenitori che si trovano ad accogliere i loro piccoli in modi inaspettati e imprevisti.
Il loro sognare di essere presenti e compresenti, di esserci come coppia e come coppia genitoriale, di vivere e condividere un momento estremamente intimo e trasformante si sfalda sullo sfondo dell’emergenza lasciando spazio a sentimenti di vuoto, di tristezza e di mancanza che hanno il sapore del lutto. Il lutto di non poterci essere, di non poter stare, di non poter toccare, annusare, sentire, vedere, conoscere e riconoscere.
Per cui cari genitori avete ragione ad essere spaventati, tristi e forse anche un po’ arrabbiatiperché non potrete essere insieme ad assistere ai primi respiri e al profumo di nuovo che i bambini sanno infondere. E sono sicura che questo pezzo vi mancherà nella vostra vita, di questo momento intriso di un’intimità sconvolgente seppur i reparti ospedalieri a volte assomigliano a tutt’altro che a luoghi capaci di proteggere la nostra intimità. E vi mancheranno anche i nonni o le persone care che avevate immaginato di avere nella sala d’aspetto a fare il tifo per voi o in coda in reparto per vedervi nei giorni successivi durante gli orari di visita consentiti.
Se le regole del sistema in emergenza hanno puntato sull’esclusione o ridimensionamento della presenza dei padri in ospedale per il fatto che non sono loro a poter partorire né tantomeno allattare i nuovi nati, posizionandoli in una dimensione umana, sociale e psicologica del non è compito tuo, non servi qui, non sei utile adesso e amplificando la differenza che già la natura da sempre ha stabilito, vorrei invece dire loro che il loro esserci e la loro presenza è fondamentale! Fondamentale per il supporto che possono dare alle loro compagne, per condividere i primi sguardi che si direzionano verso un oggetto, il bambino, che da sognato, pensato, amato diventa realtà da pensare, sognare, amare e accudire e importantissimi per creare da subito quella indispensabile dimensione relazionale a tre tra i genitori e il bambino.
Ciò che forse nessuno vi ha ancora detto è che la vicinanza, la presenza, l’esserci non è solo quello fisico ma soprattutto è uno stato mentale, ed è su questo tipo di presenza che dovrete puntare e contare.
Saranno diverse queste nascite da come le avevate immaginate e pensate, ma ciò che è certo è che i vostri bimbi nasceranno ugualmente!
E questo è l’importante, la possibilità di averli quando sarà il giusto tempo tra le vostre braccia. Non è facile per voi accettare la lontananza che il virus e le disposizioni impongono ma prima lo fate e prima riuscirete a immaginare e fantasticare modi alternativi per esserci e potervi gustare l’arrivo dei vostri bimbi. Penso a videochiamate a non finire, a fotografie, messaggi vocali, pensieri scritti, canzoni, video che possano in qualche modo riempire la distanza: penso a come nei giorni successivi al rientro o quando sarete pronti, potrete insieme ricostruire attraverso un video o un album o qualunque cosa nasca dalla vostra fantasia, tutti i momenti che avete condiviso per creare una storia comune, la vostra storia dell’arrivo del vostro bambino. Raccontatevi i vostri momenti, le vostre emozioni, i vostri pensieri e il vostro fare; pensateli insieme i vostri pensieri e rendeteli lo sfondo e la cornice dell’arrivo di vostro figlio. Potete coinvolgere anche i fratellini se ci sono, i nonni o le persone a voi care includendo in questa narrazione anche le loro emozioni e i loro gesti. Sarà un modo per voi di ricostruire la presenza nella distanza e un regalo bellissimo che il vostro bambino o la vostra bambina potranno ricevere nel futuro.
Sarà sicuramente diverso da come lo avevate pensato ma sarà il modo migliore che avrete trovato per fronteggiare questa situazione e le severe regole che impone e non è detto che non possiate anche scoprire opportunità e risorse nuove e inaspettate.
E sognate il momento in cui, finalmente a casa vi abbraccerete e vi guarderete come coppia e come famiglia: sarà un nuovo inizio del vostro esserci per voi e per il vostro bambino. Sarà un primo pezzetto fatto. E poi verrà tutto il resto. Buona vita a tutti!
(¹) Con padre ci si riferisce a qualunque altra presenza genitoriale.
Questo articolo è stato scritto per la pagina Facebook Aiutiamociaparmaeoltre afferente al Polo Clinico IDIPSI di Parma