Pensare gli adolescenti

a cura della Dott.ssa Elisa Varotti | Psicologa Psicoterapeuta | 04 aprile 2020

Gli adolescenti, si proprio loro!… Quelli che ci fanno dannare, arrabbiare, quelli che non riusciamo mai a capire. Quelli che consideriamo i ribelli, i vuoti, i menefreghisti, sempre impegnati e persi nelle loro relazioni e poco inclini a vivere quelle familiari.

Gli eterni incompresi.

Già, perché una delle fasi più difficili e delicate della nostra vita è proprio l’adolescenza, l’età dei cambiamenti.

Per stuzzicare la curiosità, la parola adolescenza deriva dal latino adolescere, che significa crescere, nutrire ad indicare proprio quanto questa fase della vita sia caratterizzata da moltissimi cambiamenti e da una grande instabilità; condizione questa che da bambini ci porta ad essere degli adulti, che dal participio passato della stessa radice ado- è colui che si è nutrito.

Credo che tutti noi possiamo ricordare, a volte con il sorriso, forse anche con un po’ di imbarazzo, il nostro essere stati adolescenti e come è stato e cosa ha significato per noi esserlo stati. Fare questo oggi, ricordare, è necessario non per porci nella tradizionale posizione di lotta generazionale alimentata dalla differenza, ma per far sì che questa differenza diventi la posizione di accoglienza che il mondo adulto deve saper dimostrare oggi più che mai ai nostri ragazzi.

Non lasciamoli soli. Nelle ultime settimane si è parlato molto dell’autonomia degli adolescenti e della loro capacità di vivere meglio questa emergenza rispetto ai loro genitori o nonni perché molto più capaci di connettersi con le reti digitali e perché per loro stare incollati a PC, cellulari, tablet, e così via non è altro che un piacere. L’impressione è che nell’identificarli con la tecnologia si corre il rischio di perderli di vista come esseri umani, come ragazzi che stanno crescendo e ancora bisognosi di protezione. Saranno anche nativi digitali, ma prima di tutto sono persone.

So che penserete subito alle pessime frasi o reazioni che qualcuno di voi ha subito in queste ultime settimane e non solo dai propri figli o nipoti. Andate oltre in questo momento a favore di un coinvolgimento che potrà essere il luogo di uno scambio nuovo e di un nuovo modo di stare in relazione con loro.

Coinvolgimento. Coinvolgere l’Altro significa responsabilizzare l’Altro, mettendolo in una posizione attiva rispetto a ciò che accade. Significa chiedere ai nostri figli di reagire insieme a noi, di essere parte attiva nelle nostre famiglie per poter superare e resistere insieme nell’emergenza che stiamo affrontando; significa condividere routine, spazi, modi, tempi, pensieri ed emozioni, in un modo nuovo che tutti dobbiamo imparare. Significa aiutare i nostri ragazzi ad assumere un ruolo che li faccia sentire importanti e utili, e che li ponga in una dimensione di sfida contenuta e abbracciata dall’affetto dei familiari.

Ora per aiutare a ordinare i pensieri, non si tratta certo di costruire una routine e organizzare la vita degli adolescenti come fossero bambini; il senso è condividere un’organizzazione familiare all’interno della casa fatta di momenti di partecipazione come i pasti, la visione di un film, un caffè insieme, le pulizie e il riordino alternati a momenti di sacrosanto spazio individuale e privacy. Ne hanno bisogno gli adulti, ne hanno bisogno i ragazzi. Responsabilizzare implica infatti per noi adulti lasciare andare il senso di controllo sui figli a favore della fiducia; significa credere che i nostri ragazzi ce la possono fare rispetto al ruolo che si sono assunti come parte attiva di questa situazione.

Per questo è fondamentale coinvolgerli rispetto a ciò che accade nel mondo, affiancandoli nel reperire le informazioni da fonti affidabili e aiutandoli a mentalizzare gli eventi e a porre le basi per lo sviluppo di un pensiero critico, ma anche rispetto a ciò che accade dentro casa, le preoccupazioni dei membri, le paure, le difficoltà, i pensieri, le gioie, le scoperte, mostrandovi aperti al confronto e pronti e disponibili ad accogliere le domande e ogni riflessione che i ragazzi hanno voglia di condividere. È l’occasione che avete di insegnare ai vostri figli che del dolore e della fatica se ne può parlare, ovviamente stando attenti a non riversare le angosce che noi adulti possiamo provare in questi giorni. In fondo, i nostri ragazzi il dolore e la sofferenza li conoscono bene, e come adulti mostrarsi ai loro occhi disponibili alla condivisione creerà per loro delle basi importantissime di crescita per il loro futuro.

Non lasciamoli soli è un invito però rivolto anche alla scuola. Non tutti i ragazzi vivono in famiglie affettive e accoglienti e spesso la scuola rappresentava il loro più grande riferimento nelle loro vite, anche se magari questi adolescenti erano sempre quelli che rispondevano male, che combinavano guai o che non portavano mai i compiti… Ciò che importa adesso è che ogni ragazzo possa sentirsi pensato e raggiunto nell’isolamento della propria casa dagli insegnanti ed educatori che fino a febbraio hanno riempito la loro vita di tutti i giorni. Raggiungere questi ragazzi non per riempirli di compiti o di lavoro, perché questo è e deve essere secondario a raggiungerli per dimostrare il reale interesse nutrito nei loro confronti, per offrire loro un insegnamento con un obiettivo pedagogico e umano altissimo e cioè la capacità di esserci gli uni per gli altri. Contattate i vostri ragazzi e orientate la didattica nella direzione di un dedicarvi a loro, con il vostro sorriso migliore o con l’espressione di preoccupazione che quel giorno vi assale. Rendeteli partecipi di questa nuova didattica a distanza infondendo la vostra voglia e curiosità di sapere di loro, di esserci per loro, dando spazio alla narrazione dei vostri giorni lontani ma vicini.

Sentire su di sé uno sguardo interessato, potrà essere l’occasione per i nostri adolescenti di scoprirsi per se stessi interessanti. Vi ricambieranno e vi stupiranno, ne sono sicura. Nessuno escluso.

 

Questo articolo è stato scritto per la pagina Facebook Aiutiamociaparmaeoltre afferente al Polo Clinico IDIPSI di Parma

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Dott.ssa Elisa Varotti Psicologa Psicoterapeuta

Mi presento…

mi chiamo Elisa Varotti e sono una Psicologa e Psicoterapeuta Sistemica Integrata. Mi occupo di storie di vita, di relazioni, di emozioni e di vissuti. La curiosità dell’Altro, per l’Altro, è uno dei miei strumenti principali di lavoro.

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